GIANLUCA VALLEGGI ARCHITETTURE

Il volto degli etruschi in Valdelsa


Manifesto della mostra

All' interno della rassegna:

Le notti dell'archeologia 2004, presso il Museo Civico di via Cresci a Montaione.

Promossa dai Comuni di Castelfiorentino, Certaldo, Gambassi e Montaione,
dall' Associazione Archeologica Valdelsa Fiorentina
con la collaborazione dell'Assessorato alla Cultura della Regione Toscana
e dell'Associazione dei Musei Archeologici della Toscana (AMAT).

DIREZIONE PROGETTO: Sabrina Bartali.

PROGETTAZIONE ALLESTIMENTO E GRAFICA: Gianluca Valleggi.

IDEAZIONE E PROMOZIONE MOSTRA: Raffaello Donati, Associazione Archeologica Valdelsa Fiorentina.

ALLESTIMENTO MOSTRA: Marco Chiarugi, Alessio Pucci, Massimiliano Taramelli, Sabrina Biagiotti, Stefania Bertini, Elena Gennai, Delia Valsangiacomo, Jessica Neri.

RIELABORAZIONE TESTI: Sabrina Bartali, Sabrina Biagiotti, Stefania Bertini.

ACQUISIZIONE IMMAGINI: Sabrina Bartali, Sabrina Biagiotti.

RIPRODUZIONE OPUS CRATICIUM: Alessio Pucci.

 

La Valdelsa nell’antichità

L’ Elsa, che nasce nel comune di Sovicille (Siena) e sfocia nell’Arno dopo un percorso di 75 km, come tutti i fiumi nell’antichità ha facilitato il sorgere lungo il suo corso di insediamenti e percorsi commerciali. La Valdelsa ha restituito infatti testimonianze antiche notevoli per quantità e qualità, mostrando in alcuni siti una continuità degli insediamenti dall’età del ferro all’età tardo antica.

Agli sporadici rinvenimenti del periodo preistorico fanno eco quelli che testimoniano, a partire dalla prima età del ferro fino all’orientalizzante (VIII secolo a.C. – metà VI secolo a.C.), un popolamento diffuso con insediamenti importanti.

Nella media Valdelsa possiamo supporre per questo periodo possibili insediamenti nella zona di Certaldo e Gambassi (rinvenimento di tombe) e i reperti rinvenuti durante ricognizioni di superficie in località S. Stefano nel comune di Montaione, sembrano indicare un insediamento riferibile all’inizio del VI secolo a.C. Anche a Castelfiorentino in località poggio Carlotta, sono state rinvenute tracce di un insediamento databile questa volta, tra la fine del V e l’inizio del IV secolo a.C.

L’insediamento etrusco di poggio Carlotta

Il ritrovamento di frammenti di incannicciato e di tegole piane aveva fatto capire che il sito era riferibile ad una situazione di abitato anche se la sequenza stratigrafica sembrava piuttosto essere il risultato di un deposito secondario, costituitosi a più riprese, di materiali provenienti da un sito non lontano. Quest’ultimo probabilmente doveva essere un insediamento caratterizzato da abitazioni con pareti in opus craticium, basamento in pietra e copertura in tegole piane.

Inoltre il rinvenimento di pietra arenaria arrossata dal fuoco, di scarti di lavorazione sia di ceramica che di tegole e soprattutto di alcuni frammenti di argilla concotta, poteva anche far pensare che nell’insediamento si producessero ceramica e laterizi.

L’area scavata può essere dunque interpretata come una zona adibita a discarica dove sono convogliati diversi tipi di reperti con una netta preponderanza della componente ceramica e una significativa presenza di resti di pasto.

La tipologia abitativa

Dallo scavo sono emersi alcuni frammenti di incannicciato, caratteristici grumi di argilla che presentano un lato liscio e sul retro impronte di canne. La presenza di questi frammenti riconducibili a materiale edilizio e di frammenti di tegole piane, aveva fatto pensare che il sito fosse riferibile ad una situazione di abitato. Quest’ultimo probabilmente doveva essere un insediamento caratterizzato da abitazioni con pareti in opus craticium, basamento in pietra e copertura in tegole piane.

Vitruvio (II, 8, 20) ci fornisce una descrizione molto precisa di quello che doveva essere l’opus craticium: pareti costruite con un telaio di legno e canne, rivestite di argilla e poi intonacate.

Dai ritrovamenti lo stesso modello abitativo, sembrerebbe proprio emergere anche a poggio Carlotta.

Manca purtroppo, per il fatto che il deposito archeologico risulta essere in giacitura secondaria, una qualsiasi indicazione riferibile alla pianta delle abitazioni di poggio Carlotta le quali avranno avuto molto verosimilmente almeno una fondazione o, nella migliore delle ipotesi, uno zoccolo in pietra. La notevole presenza di pietre trovate nell’area sembrerebbe testimoniare proprio questo fatto.

Alcuni frammenti inoltre ci permettono di conoscere quale fosse il tipo di pavimento di cui queste abitazioni dovevano essere fornite: un battuto di argilla e tufo misto a frammenti di laterizi.

Uno dei frammenti esposti è ad angolo retto e quindi con ogni probabilità proviene proprio dall’angolo di una stanza.

La produzione ceramica

A poggio Carlotta è stata rinvenuta una ingente quantità ci frammenti ceramici appartenenti a recipienti di vario tipo e destinati a vari utilizzi.

Dallo scavo proviene soprattutto ceramica acroma fine e grezza da mensa, da dispensa e da cucina e un numero inferiore di ceramica più “pregiata” da tavola. Di quest’ultima categoria sono presenti frammenti di bucchero, ceramica etrusca sovradipinta e ceramica a vernice nera.

Il bucchero

Degli scarsi frammenti di bucchero rinvenuti a poggio Carlotta solo due sono attribuibili ad una forma determinata: la coppa.

Comune è il colore nero più grigio in frattura, la superficie opaca, gli inclusi minuti e lucenti. Solo un frammento presenta una decorazione impressa a stampo; probabilmente si tratta di materiale pertinente ad un’unica produzione, attestato nel nostro scavo come materiale residuo.

La ceramica a vernice nera

Poco numerosi e di dimensioni ridotte sono i frammenti di ceramica etrusca a vernice nera rinvenuti a poggio Carlotta pertinenti alle sole forme della coppa, della piccola olla e della kylix ansata (coppa con piede sottile, tazza ampia e poco profonda provvista di anse orizzontali).

La produzione, probabilmente locale, è piuttosto scadente con errori di cottura che provocano viraggi del colore da nero a marrone rossastro.

Ceramica acroma fine

A poggio Carlotta la ceramica acroma fine, è caratterizzata da un unico tipo di impasto di colore beige-rosato depurato con minuti inclusi micacei e calcarei probabilmente presenti naturalmente nell’argilla utilizzata.

Ceramica acroma d’impasto

A poggio Carlotta numerosi sono i reperti rinvenuti in impasto con inclusi di colore biancastro e altri inclusi di varia qualità e granulometria: per il vasellame da mensa sono presenti, in questo tipo di impasto coppe, per quello da fuoco olle e coperchi e per la dispensa le pelves (grandi bacini a profilo concavo e fondo piano). Numerosi sono anche i frammenti di bordi di impasto grossolano appartenenti a grossi dolia per derrate.

Il dado

Il ritrovamento a poggio Carlotta di un dado da gioco in terracotta appare piuttosto inusuale ma tenendo presente che nelle vicinanze dell’insediamento si producevano ceramiche e laterizi, questo materiale sembra piuttosto appropriato.

Tomba de Gli Spillocchi

Nel gennaio del 1971, nel corso di lavori agricoli il località Gli Spillocchi, veniva individuata una piccola tomba a camera scavata nel pancone sedimentario, fatta oggetto successivamente di scavo da parte della Soprintendenza archeologica della Toscana.

Alla tomba, che presenta pianta ellissoidale con pilastro centrale a sezione trapezoidale irregolare e banchina continua, si accede per un breve dromos in lieve pendenza orientato a Ovest; la volta, irregolarmente a cupola, è separata nella parte più alta, dal piano di campagna, da poche decine di cm. Il tipo di tomba a pianta circolare più o meno regolare con o senza pilastro è tra i tipi più frequenti in uso in Valdelsa dal III sec. A.C.

Violata già in antico la tomba si presentava interamente riempita di terra, vi fu rinvenuto diverso tipo di materiale, il tutto estremamente frammentario e lacunoso.

Ceramica a vernice nera

La ceramica a vernice nera costituisce un gruppo molto omogeneo per fattura materiale e tecnica, prodotto probabile di un’ unica fabbrica locale. Le forme risultano semplificate e impoverite e anche la vernice  spesso molto sottile, poco uniforme e pochissimo coprente è di qualità scadente  e  quasi sempre in gran parte caduta.

Impasti

Se alcuni oggetti possono oscillare cronologicamente  tra III e I sec a.C., diversi tra quelli meglio databili orientano verso la metà del II e i primi del I sec. A.C.

Supponendo che il materiale costituisca un unico corredo, questo sarebbe da inserire in tale ambito cronologico. E’ possibile anche che sia il cratere che l’olla fossero usati come cinerari, e forse anche le ollette, l’arco cronologico della tomba andrebbe così portato a tutto il II a.C.

Altre tombe furono scoperte in località Tre case, delle quali non resta traccia e che dovevano trovarsi vicino alla zona degli Spillocchi. Le tombe degli Spillocchi con quelle delle tre case sono con ogni probabilità pertinenti allo stesso insediamento cui si riferiscono le sepolture di Ponte all’Ebreo, Poggio all’Aglione, e forse anche S.Antonio, disposte a ridosso di Poggio all’Aglione, in un punto nel quale doveva trovarsi l’abitato, o sulla parte più alta o, più probabilmente, su qualche pianoro delle pendici sud-orientali.

Poggio del Boccaccio

Scavo Maccianti 1893

L’intervento dovette riguardare una fossa di circa 5 metri di diametro con una profondità di circa 4 m dal livello di campagna praticata tagliando a picco le pareti dello scavo, poiché fu asportato quel poco delle pareti e della volta della struttura poco si può dire sulla struttura originaria della tomba salvo distinguere la forma che si dichiara circolare.

Le dimensioni dovevano essere notevoli 4,5 m di diametro, non è possibile stabilire dove si trovasse il dromos con precisione né se fosse a cielo aperto o parzialmente in galleria.

Intuibile è la sorte che la tomba dovette avere: violata e saccheggiata fin dall’antico, dovette ben presto subire uno o più crolli principali, se si osserva la sezione  nello strato di sabbione sopra lo strato archeologico è chiaramente riconoscibile un pezzo di volta scivolata e staccata di netto, mentre gli altri livelli di frana dovettero essere asportati dal Maccianti.

Lo scavo 1973

Nel 1971 il comune di Certaldo durante i lavori di sistemazione del suolo pubblico, decise di appurare la consistenza e la natura dei resti archeologici del Poggio, rinvenuti precedentemente.

Fu così aperta una serie di saggi che si rilevarono del tutto infruttuosi nel versante nord, nella zona a Sud , teatro dello scavo Maccianti si effettuò una trincea di scavo di 20 x 1 orientata Sud-Ovest – Nord-Est. Proseguendo verso ovest, iniziava una parte alternata a sacche di granaglie carbonizzate, dove lo strato appariva sconvolto dai lavori agricoli, ma negli ultimi 5 metri ad Ovest si ebbe la fortuna di trovare un cospicuo strato archeologico che sigillava un piccolo pozzo, ricco di materiali.

Non è possibile stabilire con certezza  cosa e quanto di tutto il materiale fosse inerente alla tomba e quanto invece sia finito con crolli e scarichi, certo non si può concludere che nella tomba si trovassero un gran numero di vasi differenti. Il complesso è comunque assai omogeneo morfologicamente e tipologicamente; quanto all’arco cronologico il dato più alto  sembra non possa scendere oltre la metà del III sec. a.C., mentre non è precisabile il termine inferiore.

La tomba dovette contenere, anche a giudicare dalle dimensioni, una quantità notevole di materiali e di deposizioni; queste ultime dovettero essere solo di incinerati, per l’assoluta assenza di ossa umane, e dalla presenza di numerosi rosticci con elementi organici inclusi e grumi di terra carboniosa con minuti frammenti di ossa carbonizzate.

Ricognizioni

Loc. La Zufola

Aprile 1971 sulla sommità del poggio, a 20 m circa a ovest della strada campestre, resti di teca di pozzetto o di tomba a fossa costruita con lastre di albarese infisse verticalmente nel terreno e disposte ad angolo retto, asportato l’humus si constatò la presenza di uno straterello di terriccio organico compatto, sotto il quale tre lastre orizzontali costituivano il fondo, nel terriccio erano inclusi molti materiali, soprattutto frammenti a vernice nera e acroma. La datazione del materiale è del VII a.C.

Loc. La Valle

Ricognizione ad aprile 1970, sulla pendice del poggio verso il Borro del Vicariato, e soprattutto sul greto stesso di quest’ultimo sono presenti rari frammenti fittili sporadici, la campionatura dei quali, che sembra coprire un arco cronologico tra il V sec. a.C. almeno e l’epoca ellenistica, comprende: impasti e ceramiche acrome, per lo più non classificabili per le dimensioni e condizioni dei frammenti; buccheri neri e grigi di tipi differenti; ceramica ellenistica a vernice nera di tipi diversi; apparentemente assenti impasti non vascolari. Il materiale viene datato tra V e III secolo a.C.

 

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